La Transe. Il corpo in transe. Il corpo mitico

La Transe

Il corpo in transe

"Strumento del tuo corpo è anche la tua piccola ragione, fratello, che tu chiami "spirito", un piccolo strumento e un giocattolo della tua grande ragione>>. 
F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra

La transe, come fenomeno di transizione da una condizione di coscienza vigile e in relazione con l'esterno a una modalità alterata, in cui il soggetto percepisce in modo distorto ciò che lo circonda e appare mutato nella propria sensibilità, è attestata in tutte le culture da tempi immemorabili. 
La Bibbia, nei libri dei Re, narra delle follie di Saul, tormentato da un demone malvagio, dopo che lo spirito del Signore si era ritirato da lui: solo la musica poteva guarirlo e l'opera di David si rivelò la terapia migliore contro tali accessi. Percorsi mistici di luce è invece la transe di cui parla il testo sanscrito dei Veda, perseguita volontariamente dai sacerdoti attraverso l'ingestione di una bevanda sacra. Nella cultura dei Bobo-Madare del Burkina Faso, la possessione di Kono è strumento di samscheramento di inganni e stregonerie e di divinazione tesa a spiegare la via della riuscita sociale ed economica. Lo sciamano indonesiano ha lo stesso dovere nei confronti della comunità cui appartiene e la sua transe visionaria gli consente di entrare in contatto con gli antenati e gli spiriti guida. In tutti questi casi la transe è un percorso di allontanamento dalla coscienza quotidiana e di contatto con un mondo trascendente. 
Se essa è un passaggio, il corpo del soggetto in transe diviene il veicolo di tale passaggio sia nel momento in cui esso è strumento, attraverso opportune tecniche, per il raggiungimento di questo altrove, sia quando esso si trasforma, lasciando trasparire un'alterità incarnata, ora non più trascendente. Il fenomeno di alterazione dello stato attuale di coscienza è infatti accompagnato da una modificazione della percezione e della sensibilità e presuppone una centralità del corpo. L'attenzione per le mutazioni fisiche non è proprio solo dello studioso che cerca di spiegare il fenomeno o del viaggiatore che ne fa una cronaca folcloristica, ma si trova anche nei testi e nele narrazioni delle diverse popolazioni. Anche il pensiero mitico infatti pone al suo centro la corporeità della transe, ma ne fa uno strumento simbolico e non scientifico; le testimonianze dei protagonisti, poi, sono spesso dettagliate descrizioni di percezioni distorte e sensazioni alterate. 
La centralità e la spettacolarità del corpo in transe, che nella possessione assume una preminenza anche concettuale, essendo il presupposto imprescindibile dall'incarnazione degli spiriti, ci porta automaticamente a domandarci quale sia la strada di induzione di questo stato alterato di coscienza. La crisi non è necessariamente il risultato di un parossismo di <<rumori e furore, ma la "risonanza" che producono nell'organismo alcuni stimoli selezionati dalla cultura>>.

Il corpo mitico


Candomblé



Menade danzante


Santeria cubana 


Sciamanesimo 


Sia la letteratura che le testimonianze dirette si soffermano spesso sul ruolo della corporeità nel suo complesso o nelle sue parti all'interno dei fenomeni di uscita da sé o di possessione, assumendola come parte integrante di un processo che coinvolge tutto l'individuo. 
Il sufismo è una corrente mistica dell'Islam nota per l'austerità dei costumi e l'ascetismo. I dervisci intendono avvalersi della musica e della preghiera in comune come di strumenti per raggiungere la visione di Dio e l'unione con lui. Una delle pratiche centrali del sufismo il samà, implica l'utilizzo della musica in funzione estatica, consentendo così di gestire l'opposizione tra slancio mistico e vincolo terreno. La dottrina che lega il corpo e l'anima del devoto e ne fa elementi da dirigere verso Dio convive infatti con una profonda opposizione di questi due principi tra di loro. 
Apparentemente la transe sembra uno stato alterato della coscienza, in cui dunque il corpo, la gabbia, è solo un ostacolo al libero dispiegarsi delle sue potenzialità di trascendenza. Accade quindi che, nel percorso di estraniamento dal sé e di comunione col divino, il corpo sia una zavorra da trascinare, che si spera di abbandonare per strada. Il corpo è certo un ostacolo alla spiritualità pura, ne è anzi la negazione, imponendo i propri bisogni e distogliendo l'anima del fedele dalla contemplazione mistica, tuttavia l'unità dell'uomo, soggiacente a questo dualismo, consente di agire sul corpo per raggiungere la coscienza. 
Il corpo è uno strumento a disposizione per percorrere le strade della coscienza, una delle possibili vie di alterazione dello stato di veglia, e contemporaneamente è uno strumento per testimoniare la gloria divina, per rappresentare alla comunità il rapimento dell'individuo e il suo annullamento in Dio. Si ritrova in questo caso come altrove, il corpo nella duplice funzione di strumento e rappresentazione, veicolo di trasformazione e testimonianza codificata e simbolica di un mutamento. Al-Ghazali, <<il frutto della transe è un'eccitazione delle estremità del corpo, o attraverso un movimento non misurato che si chiama agitazione, o attraverso un movimento misurato che si chiama battito di mani e danza>>. 
Anche in Grecia si riteneva che la Katharsis, la purificazione, si realizzasse attraverso la massima separazione dell'anima dal corpo, il quale nell'elaborazione filosofica di Platone, è prigione da cui liberarsi. Eppure, proprio nei testi di questo filosofo sono presenti alcune delle più importanti testimonianze sulla <<mania>> caribantica o transe, nata all'interno dei rituali danzati in onore di Dioniso e vi si trovano precise indicazioni tecniche sui movimenti e i gesti che a tale stato conducono. Le menadi, cioè le donne colte da tale <<mania>>, danzando al suono dell'aulos, il flauto frigio, flettono il loro corpo all'indietro, ripiegando la testa sulla nuca, gesto che gli specialisti considerano caratteristico di una crisi nervosa esso è detto opishotonia, e Ippocrate ne La malattia sacra descrive <<l'eccitazione nervosa parossistica che spinge la testa indietro e tetanizza il corpo>>. Ciò consente di raggiungere uno stato di possessione. E quando il dio entra negli uomini a grande impeto, li dissenna e predicono il futuro>>. 
E' una <<danza giocosa>>, fatta di movimenti rotatori così veloci che il chitone si avvolge attorno alle loro gambe. Le menadi saltano, si slanciano sulle dita dei piedi e la precisione e la concordanza delle rappresentazioni dipinte sui vasi, non lascia alcun dubbio sull'esistenza di una vera e propria coreografia. 
La rotazione è un movimento straniante che tende a creare un disorientamento spaziale (lo sanno anche i bambini che fanno il girotondo), utilizzato in molteplici contesti di transe: lo si è appena rilevato a proposito delle danze coribantiche, in cui il vortice è tale da creare lo strobilos, l'avvolgimento dell'ampia veste delle menadi attorno alle gambe; lo ritroviamo nella confraternita sufi del Mawlawi, i famosi dervisci rotanti; nelle danze tandava fatte dagli uomini in armi in India; ed è al centro dell'azione dell'Oracolo Ufficiale del Governo in Tibet, il quale pronuncia un'importante profezia. 
Analoga diffusione ha la flessione del corpo all'indietro di cui parla Ippocrate, che presenta forti analogie con l'arco isterico, la caratteristica contrazione dei miscoli dorsali che si verifica durante le crisi d'isteria; tale postura ha avuto in India una codificazione per noi interessante. Il Bharata Natyamè un testo che fissa il repertorio completo delle pose e dei passi della più antica danza rituale indiana, classificandoli secondo quattro posture fondamentali (bhanga). L'ati bhanga, accentuata flessione del corpo, è la postura base per rappresentare la <<violenza dei sentimenti>>. 
Il corpo è quindi un potenziale alleato da addomesticare, attraverso opportune tecniche, nei percorsi di transe cosiddetta attiva, cioè volontariamente indotta dall'individuo. Anche nella cultura sciamanica occorre raggiungere una mediazione con questo prepotente elemento, neutralizzandone l'affermazione violenta, uccidendolo simbolicamente. 
Il corpo del futuro sciamano subisce una trasformazione sostanziale: gli viene forgiata una nuova testa, gli si cambiano gli occhi, che potranno vedere nel mistero, gli si formano le orecchie affinché possa comprendere il linguaggio delle piante. Talvolta vengono sostituite alcune ossa: è ciò che avviene presso i Warburton Ranges in Australia occidentale, dove l'aspirante è preso da due animali totemici il gatto selvatico e l'emù che <<lo uccidono, gli aprono il corpo, ne traggono gli organi, che vengono poi sostituiti con sostanze magiche. Gli tolgono anche la scapola e la tibia, che fanno seccare e, prima di rimetterle a posto, le farciscono con le stesse sostanze>>. 
Anche in Tibet nel corso del chod, danza solitaria compiuta solitamente in luoghi isolati o cimiteri, l'individuo in stato di transe <<offre un "banchetto rosso", il suo corpo, ai demoni da cui, allucinato, si sente divorato>>. Al sacrificio e morte segue la rinascita: lo sciamano è infine ricomposto in un uomo nuovo, che è ora in grado di tradurre la <<qualità irruente del mistero>>: egli ha imparato a condurre la propria anima nell'aldilà e il corpo nuovo, che gli spiriti ausiliari hanno forgiato per lui, gli è di aiuto e non più di ostacolo. 
La letteratura e le testimonianze legate ai riti di possessione ci illustrano invece una situazione differente: qui il corpo non è una potenza nemica da addomesticare ma il luogo necessario alla manifestazione di una forza spirituale a lui estranea. Di tale luogo di discesa si dà addirittura una cartografia: si indicano i gradini su cui cammina la manifestazione divina o diabolica, creando una vera anatomia del corpo posseduto. L'organismo diventa il teatro di apparizione delle potenze spirituali, contro i tentativi di esorcismo. 
La religione vudu praticata ad Haiti è un culto legato alle credenze animiste dell'originaria terra d'Africa, nel quale si ritiene che gli spiriti i loa, siano legati agli individui da affinità caratteriali e da precise scelte da ambo le parti e che essi intervengano nelle vicende umane nei loro fedeli e manifestandosi così alla popolazione. Questa religione ha forti analogie con altri culti, diffusi nel Nuovo Mondo sulla scia delle navi negriere: il candomblé brasiliano e la santeria a Cuba ne sono i due esempi forse più conosciuti, in cui gli spiriti, gli orixà od oicha, assumono talvolta il comodo travestimento di qualche santo cattolico, in un sincretismo caratteristico di questa regione dove si sono incontrate tre matrici culturali fortissime: quella amerindia, quella dei bianchi cattolici e quella degli schiavi neri. Nel vodu haitiano, gli spiriti o loa si insediano nella testa di un individuo, scacciandone l'anima; durante il rito di iniziazione, che si compie per la maggior parte in condizione di isolamento, a ciascuno viene tagliata una ciocca di capelli, presi alcuni peli dall'ascella e dal pube e frammenti d'unghia dalla mano e dal piede sinistri: <<Il tutto è messo in un vaso di ceramica banca, il <<vaso della testa>> o <<vaso kanzo>> il quale, durante tutta la reclusione resterà vicino al novizio>> e successivamente troverà posto sull'altare del santuario a garanzia di sottomissione dell'adepto. I novizi subiscono inoltre il <<lava testa>> con pane, aceto, sciroppo, sangue e aceto, il cui scopo è di stabilire un legame permanente e privilegiato tra il neofita e il suo loa mait tete. Nel caso di un individuo non iniziato invece, <<la possessione è bo salle, avviene cioè in un "corpo sporco", e si riconosce per la sua violenza>>, che è tale da rendere la transe simile a una crisi epilettica. 
Nelle pause concesse al posseduto, lo spirito talvolta alberga in qualche organo in attesa di riguadagnare il dominio del corpo intero.
Nicole, una giovane indemoniata francese, del cui esorcismo nel 1566 abbiamo cronache abbastanza dettagliate, nei periodi tra una crisi e l'altra, non veniva abbandonata dal Maligno: egli si rifugiava nel braccio sinistro, testimonianza di un'anatomia simbolica radicata nella chiesa cattolica che si conserva anche nella correzione dei bambini a tendenza mancina.  
Presso i Magar del Nord del Nepal, lo spirito dell'antenato sciamano che viene invocato è situato nel basso ventre e, risvegliato, fa tremare il neofita svelando così la propria presenza. Tra i Warao, popolazione sudamericana  presso la quale <<il giovane sciamano ritorna dal suo viaggio iniziatico portando tre paia di spiriti tutelari nel suo corpo; un paio risiede nei polmoni, un paio in ciascun lato dello stomaco e il terzo nella pancia al di sotto della cintura>>.

Nelle transe terapeutiche, a maggior ragione, il corpo è oggetto di una rappresentazione simbolica. Per quanto riguarda il fenomeno del tarantismo, cerimonia pugliese di guarigione attraverso la musica, oggi quasi scomparsa, la causa della malattia è imputata al morso della tarantola, ragno puramente mitico in Puglia. 
L'effetto di tale puntura è <<un caratteristico senso di bruciore e di formicolio alla pianta dei piedi>>, sintomo che non può che imporre la danza come terapia risolutiva. La malattia viene riconosciuta dalla comunità oppure dal singolo e si ricorre alla musica come unica medicina possibile: solo scegliendo la melodia corispondente alla singola tarantola e apprestando un cerimoniale in cui i colori e gli accessori corrispondono ai suoi desideri, si riuscirà a placarla e a trasformarla in spirito benevolo, al quale occorrerà dedicare cerimonie di propiziazione una volta all'anno. 
Il Sertum papale de venenis, del XIV secolo, il più antico testo a noi giunto che tratti di questo fenomeno, ci spiega che la guarigione dal morso della tarantola, attribuita all'allegria provata dai tarantati in seguito al suono della loro <<musica>>, si deve in realtà il fatto che

<<a motivo delle melodie e dei canti, gli spiriti sono attratti dall'interno del corpo verso la periferia, impedendo al veleno di penetrare nell'interno, con la conseguenza che le parti più importanti del loro organismo non ricevono danno, anzi ne risultano piuttosto alleggerite>>. 

Investendo il corpo con dinamiche differenti e a partire da una mitologia particolare, ciascuno dei rituali di transe lo pone al centro del'azione e ne evidenzia l'importanza attraverso la ridefinizione di alcuni dettagli anatomici. Esso è chiaramente rivestito di poteri simbolici, agito da forze insolite, abbigliato o dipinto secondo significazioni non immediatamente evidenti: gli iniziati del tromba, un culto di possessione diffuso in Madagascar, sono ricoperti di pittura bianca su occhi, orecchie, collo e petto e, durante il movimento ondulatorio che li introduce nella transe, qualcuno di tanto in tanto va a soffiare raucamente sulla loro schiena. 

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