L'Inquisizione in Italia. Dalla comunità dei martiri alla chiesa d'Oriente

 L'Inquisizione in Italia

Dalla comunità dei martiri alla chiesa d'Oriente


Le discussioni cristologiche e trinitarie e i concili ecumenici in Oriente

Con la svolta costantiniana i cristiani entrarono a pieno titolo nella vita pubblica organizzata e si chiuse così il periodo delle persecuzioni e della clandestinità. Le poche strutture comunitarie esistenti in Asia occidentale. Europa e Africa settentrionale si consolidarono. Nei secoli seguenti il cristianesimo si misurò al suo interno con dottrine che riguardavano soprattutto la duplice natura di Cristo, le relazioni della natura umana di Cristo con la divinità e la concezione di Dio ad espandersi, nascendo nella riservata area raggiunta nei primi tre secoli. 
I dissidi sulle questioni di fede venivano superati con le discussioni teologiche e le definizioni dei sinodi a livello locale, e dei concili ecumenici a livello generale. Per lungo tempo l'imperatore continuò a convocare i concili ecumenici ai quali partecipavano principalmente i vescovi orientali, come in quello di Costantinopoli (381).Questo concilio definì la natura pienamente divina dello Spirito Santo, messa in dubbio da una parte minoritaria di vescovi, i nestoriani, che tuttavia non si lasciarono convincere.. L'importanza alla  fine promulgò le decisioni dottrinali nel concilio come legge imperiale mediante un editto, continuando le sue funzioni tradizionali. Anche dopo il Concilio di Efeso l'imperatore Teodosio II emanò una legge dello Stato che condannava i nestoriani.
Altre volte furono le discussioni tra teologi a imprimere una svolta definitiva alle questioni, come nel caso del pelagianesimo, una dottrina diffusa a Roma, poi in Africa e in Palestina da Pelagio, che si proponeva di promuovere una vita cristiana più profonda, come reazione al manicheismo che significava l'apporto umano alla salvezza. Pelagio riteneva che l'uomo potesse evitare il peccato e raggiungere la giustificazione di fronte a Dio con le sue opere buone,, sull'esempio di Cristo, del quale sminuiva l'opera redentrice. Alle sue idee si oppose Agostino vescovo di Ippona, che si era già opposto al manicheismo. Agostino riteneva che il peccato originale di Adamo, venisse trasmesso a tutto il genere umano e che la giustificazione dell'animo umano fosse perdono di Dio confesso secondo la sua gratuita predestinazione. Ci furono sinodi che intervennero a favore dell'una o dell'altra parte, proponendo sfumature dottrinali per rispondere alle diverse esigenze. Le concezioni di Pelagio furono condannate a più riprese da sinodi africani, del secondo concilio di Orange (629). 
Agostino fu figura centrale del cristianesimo, per la sua posizione nei confronti dell'eresia. Egli sostenne per quasi tutta la vita che l'eretico andava convinto e convertito, ma nella vecchiaia delle autorità civili  contro i donatioti dell'Africa settentriinale giustificandola con l'insegnamento di Gesù Cristo. Egli citò la parabola evangelica degli invitati alla grande cena (Luca 14-15-24), nella quale il padrone di casa, dopo il rifiuto sdegnoso dei suoi invitati, disse al servo di condurre dentro <<poveri, storpi, ciechi e zoppi>> e anche le persone trovate per strada. Il senso generale della parabola è che tutti gli uomini vengono salvati gratuitamente, anche i più diseredati e impreparati, mentre Agostino lo trasforma nel dovere di costringere con la forza quelli che davano maggiore importanza alla natura in Cristo. 
Nonostante le definizioni del concilio di Calcedonia, i vescovi, monaci e fedeli manifesti, soprattutto egiziani, non si arresero e anzi in un sinodo tenuto ad Alessandria scomunicarono a loro volta il vescovo di Roma e i patriarchi di Costantinopoli e di Gerusalemme, tanto che si rinforzò in Oriente l'opposizione alle dottrine calcedonesi. Seguirono vari tentativi di riconciliazione, gli stessi  imperatori appoggiavano ora l'una ora l'altra corrente dottrinale e neppure un altro concilio, convocato questa volta congiuntamente da imperatore e papa di Costantinopoli (553) e composto in grandissima parte da vescovi orientali, riuscì a ottenere la riunificazione dei cristiani. Da allora i monofisti d'Egitto (copti), dell'Etiopia, della Siria (giacobiti0ì), della Persia e dell'Armenia si costituirono in chiese autonome su base nazionale, mentre i cristiani ortodossi in queste regioni intendono stare nell'ortodossia. Solo nel basso Medioevo al contrario ebbe una certa fortuna e fornì un fondamento biblico indiscutibile per usare la forza e la coercizione nei confronti degli eretici tanto che le parole, <<compelle intrare>> divennero una bandiera spesso sventolata dagli inquisitori.
Le formule adottate nei concili ecumenici per risolvere i problemi posti dalle due nature di Cristo e dall'unicità della sua persona erano poco chiare e non evitarono la ripresa delle discussioni teologiche attraverso, lettere, libri, sinodi. Un nuovo concilio venne allora riunito a Calcedonia nel 451 convocato sempre dall'imperatore ma presieduto per la prima volta fin dall'inizio ufficialmente dai legati papali. Il concilio definì l'unione ipostatica (personale) dalle due nature in Cristo, completando così la dottrina cristologica dei concili, furono chiamati melefibi, cioè imperiali.

Esito ugualmente negativo ebbe il secondo concilio ecumenco di Costantinopoli (680'681), convocato sempre dall'imperatore, nei quali si manifestò pienamente la preminenza del vescovo di Roma in campo dottrinale, perchè la dottrina delle due volontà in Cristo fu definitiva secondo i termini di un documento invisto appositamente dal papa.. L'imperatore d'Oriente, tuttavia continua a imporre la sua supremazia in campo disciplinare, come dimostra un sinodo tenutosi nella sala imperiale della cupola a Costantinopoli nel 691-692, in cui tra l'altro si sostenne la supremazia della Chiesa di Costantinopoli su quella di Roma. Il papa non approvò ovviamente questo sinodo, ma esso fu un segno evidente di quanto la Chiesa orientale e occidentale si fossero reciprocamente estraniate. 





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