Il Rinascimento

IL RINASCIMENTO



Le strategie narrative che sono state utilizzate nei secoli - fin dalla metà del Quattrocento, con Ghiberti e i suoi Commentari e con Leon Battista Alberti  e i suoi trattati sull'architettura, la pittura e la scultura: e ancora nella seconda metà del Cinquecento con Giorgio Vasari e le sue Vite; e, con Dante, Petrarca e Boccaccio agli inizi del Trecento - propongono una visione incentrata su un territorio denso di memorie, la penisola italiana, e su un altro che ne è potenzialmente carico, l'Occidente romanizzato, l'Occidente dell'Impero. Perché quindi l'idea di <<rinascita>>, che comporta anche quella di un periodo intermedio in cui la qualità e l'equilibrio di età passata sono andati perduti. 
Proprio quando in Occidente la <<rinascita>> tocca uno dei suoi momenti più alti, nel XV secolo, nell'altra metà dell'antico Impero, quando il territorio e la città fondata da Costantino cadono nelle mani degli Ottomani, l'idea di un <<medioevo>>, e dunque di una nuova cultura che sostituisce la precedente, viene a identificarsi proprio con la grandiosa civiltà di Bisanzio, che nel mito delle sue rinascite - quella giustiniana del VI secolo, quella macedone fra il IX e l'XI, e ancora quella comnena - aveva costruito la struttura del suo stesso sistema di giustizia del mondo a oriente. 


L'Occidente e l'idea di rinascita, che è uno strumento interpretativo del passato non semplicemente all'epoca di Petrarca o di Boccaccio, o anche di Dante nel Quattrocento o nel Cinquecento, uno schema narrativo utilizzato soprattutto a livello di storiografia politica, e che da qui passa alla storia della cultura in generale. Si parla di rinascita del IX secolo, nell'ambito della civiltà carolingia; ecco perché si parla di rinascita, sempre legata all'idea imperiale nell' XI secolo avanzato e all'inizio del XII; si parla ancora di rinascita, sempre connessa alla nazione di impero, fino al tempo di Federico II, e dunque alla metà del XIII secolo. Gli storici dell'arte; hanno distinto le più antiche, considerate elitarie, dall'ultima, intesa come allargata a ceti più vasti. Si tratta di convenzioni, perché proprio la teoria dell'arte considera il rapporto col passato e l'innovazione che muove consapevolmente  dai modelli dell'antichità romana come elementi caratterizzanti di ogni rinascita comunque rivolta a un sistema sempre più allargato di intellettuali. 
Dante, ha piena consapevolezza dell'arte egualmente legata all'antico - ma quello di Bisanzio, di Cimabue  - e dell'innovazione di Giotto. I contemporanei leggono Giotto come rivoluzionario, Giotto unifica la lingua pittorica italiana operando nella Penisola da nord a sud e suggerendo un rapporto con l'antichità, con il mondo romano, che va persino a riprendere la tecnica del marmorino, della polvere di marmo mescolata al legante, la colora per rappresentare a Padova, agli Scrovegni, le parti in Pietra degli edifici che evocano Roma. Coscienza della distanza di una rivoluzione nella prassi degli umanisti, a cominciare  da Petrarca, consapevolezza teorica della distanza dal tempo medievale. Ricerca della parentela con l'antica da parte di coloro, come Ghiberti, che teorizzano la rinascita dopo ottocento anni di tempi oscuri. Si guardi a quella che poteva essere la prospettiva del racconto a Costantinopoli, conquistata dall'Islam nel 1453, e si rifletta sull'altra idea che caratterizza il mondo della civiltà di Bisanzio nei territori dell'antica Russia proprio in questo periodo: dunque in quelle terre non si percepisce alcuna frattura, ma si avverte semmai una profonda continuità con la civiltà di Bisanzio, o di quello che ne rimane alla periferia dell'antico Impero. 


Lo schema <<Rinascimento contrapposto a Medioevo>>, funziona nel XIV e nel XV secolo? Chiunque avesse visitato una qualsiasi città del Settentrione avrebbe visto un'enorme cattedrale dominare, dentro le mura della città, lo spazio urbano, le case, i canali, gli edifici, le strade, le piazze densi di insediamenti e di servizi fortemente caratterizzati, dai mercati alle fontane dei lavatoi. Siamo dunque di fronte a un forte arricchimento, ma anche alla continuità, rispetto al sistema urbano medievale. Mercati e fiere, luoghi di incontro e di scambi, sistemi di gestione e di amministrazione, non presentano alcun genere di frattura rispetto ai periodi immediatamente precedenti della creazione delle grandi cattedrali e delle strutture amministrative urbane del Duecento. 
Anche nella grandiosa esperienza architettonica del mondo gotico esistono momenti di citazione, di ripresa dell'antico, e alcuni grandi maestri; la ripresa delle sculture antiche è evidente, nella cattedrale di Reims, come lo è a Noumbrug oppure a Freiberg o amche a Chartres nei grandiosi portali dei transetti. Ma questo classicismo attorno al 1200 significa globale riorganizzazione del sapere, delle architetture, dell'insegnamento, del rapporto tra filosofia scolastica e strutture architettate, nuove esperienze di religiosità e invenzione di immagini, riscoperta di Aristotele e reinvenzione naturalistica delle forme dopo secoli di platonismo idealizzante. Così, la chiave che accomuna la civiltà europea è costituita dalla chanson de geste e dai romanzi cavallereschi, e la vita di corte si organizza proprio attorno alle chevalerie e alla poesia cortese d'amore. La grande lingua che unifica l'Occidente, che unifica l'Europa cristiana, è quella gotica: è la lingua che origina dai primi decenni del XII secolo fra Saint-Denis e Chartres e poi si collega alla prima fase di Notre Dame a Parigi: è la lingua inventata dalla corona di Francia e da Suger per unificare l'immagine stessa dell'Impero e per proporre attraverso la nuova architettura per punti e le vetrate come fonti anche simboliche di luce, l'immagine stessa della Grazia divina, la luce di Dio che penetra il mondo, simboleggiato appunto nella chiesa e nelle sue rinnovate strutture. 


Tutto questo ci porta ad affermare che la rinascita intesa come sistema unitario in Occidente non esiste, è il mondo gotico che unifica l'Europa, quantomeno fino ai primi decenni, e in certi casi così fino alla fine, del XVI secolo. Rinascimento è un modo di raccontare il rapporto con il passato. Per Rinascimento si intendono esperienze differenti: solo in un secondo momento, quando prevarranno i modelli culturali dell'area tosco-romana e in genere delle corti italiane, esso verrà identificato in contrapposizione al non-rinascimento al mondo gotico, appunto. Per decenni nel corso del XV secolo, questa consapevolezza resta di pochi e viene fortemente combattuta dagli artisti e dai loro committenti nelle diverse corti d'Europa. 


Rinascimento è un racconto che comincia in età differenti nei diversi territori dell'Occidente cristiano; anche prendendo in considerazione il Rinascimento delle corti italiane, è evidente che esistono in esse tempi diversi di quelle rinascite, dunque nell'insieme le corti italiane e le loro culture appaiono distanti, anche se del tutto staccate, dalle esperienze degli Stati o delle città autonome europee. Eliminate la tesi di un Rinascimento unitario e contemporaneo. 
Se analizziamo la concezione prospettica di Brunelleschi e quindi di Masaccio e dei suoi allievi, Filippo Lippi e il Beato Angelico, scopriamo che la loro idea di spazio è quella neoplatonica di uno spazio omogeneo, letto con una sola prospettiva, mentre l'invenzione spaziale dei fiamminghi muove da una concezione diversa, aristotelica, con lo spazio visto in diverse prospettive e analizzato in modo minuto attraverso la descrizione di ogni particolare. 


Come stabilire i limiti del Rinascimento, una volta convenuto che la lingua gotica domina le corti d'Europa, da quella di Digione in Borgogna a quella di Parigi, dalla Germania alle Fiandre? L'ulteriore spiegazione del complesso fenomeno vede la rinascita situarsi in singoli luoghi: una rinascita legata ad alcune capitali, una rinascita meridionale, in Italia, spesso isolata rispetto al contesto europeo, che vede il prevalere della civiltà dei fiamminghi la cui cultura, attraverso la Spagna e l'Italia da Napoli alla Sicilia, si diffonde largamente sulle rive del Mediterraneo occidentale. Il testo di Peter Burke, dopo Eugenio Garin, ne leggi le componenti umanistiche in modo acuto, edizione e commento dei testi classici, ma anche riscoperta di quelli trecenteschi, da Petrarca a Boccaccio; composizioni letterarie modellate sull'antico, dalla poesia alla storiografia; edizione e traduzione di testi greci mediati dalla cultura araba. Tutto questo costituisce un capitolo rilevante della cultura umanistica, in particolare quella quattrocentesca, e la programmazione da parte dei Medici, a Firenze e poi, come pontefici, a Roma, di una rinascita della cultura appare determinante per l'identificazione fra rinascita e immagine del papato. Fin dalla metà del Quattrocento, al tempo di papa Niccolò V e degli affreschi della Cappella Nicolina in Vaticano, e ancora del dialogo fra quel papa e Leon Battista Alberti incaricato di organizzare la pianta dell'antica Roma, e di restaurarne gli edifici antichi, si è stabilizzata l'idea che rapporto con il pianeta, ripresa del passato, siano anche e soprattutto imitazione, e dunque, secondo uno dei canoni della retorica ciceroniana, anche rinnovata creazione. 


La dimensione del Rinascimento nelle corti italiane, da Firenze a Ferrara, da Urbino a Rimini, da Milano a Roma a Venezia: Alberti, ricorda che l'inserimento del nuovo edificio nel contesto della città deve rispettare l'andamento delle strade medievali, che sono ricurva per spezzare il vento, e questo andamento viario è utile anche per fare scoprire progressivamente gli elementi delle nuove strutture. Alberti dunque ridisegna la Mantova dei Gonzaga utilizzando un collaboratore, Luca Fancelli; prima nella Ferrara degli Estensi, quindi nella Rimini dei Malatesta, opera con edifici di enorme significato nella Firenze di Cosimo de Medici. La strada si lega al palazzo, oppure alla chiesa, e la dimensione delle nuove architetture, anche nelle altezze, è rivoluzionaria: esse svettano sempre nella città medievale. 


Per capire come sia cambiata la concezione dello spazio della città, prima con Brunelleschi e quindi con Alberti, dobbiamo analizzare le tarsie, di scuola fiorentina oppure settentrionale; è quì che si legge questa idea di nuovo ordine, degli spazi, di gerarchia delle forme, che caratterizza ormai la cultura dell'avanzato XV secolo. Rapporti proporzionali, riduzione dello spazio e della città a geometrie, uso della sezione aurea: ecco alcuni dei motivi che passano dalla progettazione architettonica alle tarsie di Giuliano da Majano e dei Lendiara e alla pittura di Piero della Francesca e dei suoi seguaci. 
Questo Rinascimento meridionale, non è solo riforma della città, riorganizzazione della città gotica in una nuova struttura dominata dal palazzo pubblico - e dalla chiesa o dalle chiese, ma è anche presenza di immagini simboliche. Donatello e lo stesso Alberti teorizzano l'importanza dei momenti, come testimonia ancora oggi la statua equestre del Gattamelata a Padova, dove Donatello opera per un decennio (1443-53) realizzando nella basilica del Santo l'altare maggiore, con la sua architettura fortemente albertiana del fastigio della pietra sotto il quale si muovono come su una scena teatrale, i diversi personaggi, le bronzee sculture, che tanto insegneranno al Mantegna dell'altare di San Zeno a Verona. Rivoluzione del ritratto, desunto dai modelli realistici di età repubblicana e fatto riemergere nelle immagini auliche dei signori. Pisanello, costruisce ritratti dei committenti nelle sue medaglie, ma insieme dipinge nella migliore tradizione internazionale, come del resto Masolino, che pure nella cappella Brancacci a Firenze, aveva dipinto a fianco di Masaccio, sullo stesso ponteggio, dividendosi col compagno le pareti della sala. Schema di lettura, quello che propone un'indagine nel nostro Rinascimento - attraverso un sistema di poli, è certo produttivo, a patto però di seguire la fitta transmitazione di artefici, scultori, pittori, simile a quella degli intellettuali che si spostano da una corte all'altra, oppure si scambiano codici con preziosi trascrizioni di manoscritti antichi che man mano si diffondono e pesano nella cultura occidentale. 


Anche la scrittura è prova di una complessa volontà di riorganizzare, ma anche di semplificare, la tradizione gotica precedente. Nella stampa il disegno dei caratteri riformati in Italia riprenderà, quello della minuscola carolina integrato, per i tituli, con le capitali romane. 
Un altro elemento significativo è il diverso utilizzo degli strumenti della  memorizzazione e del diverso funzionamento dell'officina degli artefici. Nella tradizione medievale la bottega prendeva in genere in carico un intero edificio e lo realizzava completamente, dopo avere proposto al committente un  modello; dunque dell'officina facevano parte l'architetto, e gli scultori, i pittori, gli orefici e tutti gli altri tecnici della pietra, del legno, dei metalli. I commentari dei testi e degli storici, i narratori delle vite degli uomini illustri, che vengono anche dipinti dagli artisti e miniati nei codici, i narratori di storie locali, coloro che scrivono libri per l'educazione del principe, sono il più delle volte persone diverse, e tuttavia i vari temi e le varie scritture finiscono per identificare funzioni distinte che si collocano nel sistema di corte o in quello della committenza pubblica cittadina. Nell'ambito delle arti figurative, la pittura, la tarsia, la scultura, tutto il sistema di quelle che Vasari chiamerà poi <<le arti del disegno>>, sono legate a una progettazione che sempre più diventa importante e che prevede esecutori settoriali e, eventualmente, un autore, un singolo artista che proponga un disegno entro cui è racchiusa l'<<idea>> platonica  che altri potrà eseguire. L'officina medievale si trasforma, si differenzia e si specializza, mentre la città cambia completamente volto. 


Nell'età rinascimentale, nuove città, Pienza, Urbino, si modificano profondamente quelle esistenti e se ne ridisegnano le prospettive, i punti di vista, i luoghi funzionali. In questo la città rinascimentale italiana è un'invenzione, importante almeno come l'edizione dei testi romani antichi, o come l'evocazione delle iconografie degli imperatori sulle medaglie e delle loro immagini a cavallo nei monumenti bronzei o in quelli di marmo. L'idea di una città da ridisegnare attraverso la costruzione di acquedotti e lavatoi e quindi di fontane pubbliche, di una città in cui le piazze divengono i luoghi della riunione davanti ai palazzi ricostruiti, di una città dove la dimensione dei percorsi deve essere ripensata in un'ottica dove la dimensione di percorsi deve essere ripensata in un'ottica di visione unitaria, quindi secondo una prospettiva che come usiamo oggi chiamare unicentrica, fa delle città rinascimentali italiane, o almeno di alcuni loro punti dei veri e propri spazi misurati, proporzionati su scala umana, dove i rapporti sono immediatamente leggibili. 
A Venezia Dürer viene due volte e la sua arte si modifica in rapporto con Mantegna e la sua scuola, più ancora che con Giovanni Bellini; e Leonardo va a Venezia e introduce un modello di ricerca neoplatonica che modificherà l'esperienza di Giorgione del giovane Tiziano; e nel 1506 si scopre a Roma il Laoconte, e Raffaello nella sua Deposizione (1507) e poi Michelangelo nella volta della Sistina (1508-12) cambieranno, sulla base di quel modello tardo-ellenistico, il modo di rappresentare la retorica delle passioni: arte allora diventerà messa in scena, come appunto nella Deposizione, oppure sospesa enunciazione dei rapporti plastici e simbolici, come nella volta della Sistina. Stava per emergere con sempre maggior peso l'arte di corte del papato di Roma, che porterà la rivoluzione delle corti di Francia e dell'Impero, e anche in quelle germaniche, prima della dissoluzione determinata dalla crescita di chiese nazionali e scatenata dalle enormi spese per la costruzione della nuova basilica di San Pietro. Dissoluzione dell'unità del mondo cattolico che vuol dire rifiuto di un'arte imperiale cristiana: rifiuto costruito certamente da Martin Lutero ma anche da Erasmo, una Chiesa Povera; rifiuto di un sistema di racconto e di immagini che aveva cancellato ormai, nelle corti, la tradizione della chevalerie e che, in Italia, era diventata raffigurazione di una chiesa investita del potere di conferire la corona imperiale. 
Il sacco di Roma (1527) determina una crisi totale di questo sistema di dominio costruito da papi nella penisola italiana; gli artisti che operano a corte vanno ovunque, e mentre Giulio Romano, a capo della bottega di Raffaello, era già nel 1526 a Mantova a Palazzo Te, altri, come Parmigianino, vanno a Parma, Rosso e Primaticcio a Fointainbleau, altri ancora a Napoli e altrove. L'Europa dei grandi regni nazionali (Francia, Inghilterra), e ancora dell'Impero, si viene a confrontare con una penisola italiana i cui stati hanno una dimensione diversa, destinata rigidamente a soccombere, anche economicamente, allo strapotere degli altri sistemi. La fusione di modelli determinata, dopo il sacco di Roma, dalla diaspora degli artisti, contribuisce certamente a creare altri rinascimenti di corte nelle diverse capitali dell'Occidente, ma si tratterà sempre di rinascimenti elitari, senza quella riforma, anche a livello urbano, che aveva caratterizzato il XV secolo delle corti italiane, dai Montefeltro agli Este, dai Medici ai Malatesta, dagli Sforza fino alla Repubblica di Venezia - che era po un'oligarchia illuminata. Rinascimento è un modello di racconto e, a seconda del punto di vista che si assume, la prospettiva cambia e il fenomeno del Rinascimento, che noi consideriamo come rivoluzionario, determinante, finisce per assumere connotazione diversa, finisce per apparire come più limitato anche nella sua dimensione. Più rinascimenti, più territori in cui questa rinascita si manifesta, non una sola ma tante rinascite, distribuita in territori diversi e in epoche diverse. 
Nella storiografia dell'arte le scansioni diventano evidentissime, ma noi dobbiamo sempre chiederci quanto e come i contemporanei valutassero il senso dei prodotti dell'arte. La cultura degli umanisti e degli storici dell'arte, oltre che di storici e insieme artisti come Ghiberti, l'attenzione che gli dedicano gli artefici delle nuove generazioni, a cominciare da Michelangelo, che disegna proprio le sue figure della cappella Brancacci. 
Alternativa di strutture narrative diverse, differenti caratteristiche e culture dei narratori, dal loro tempo, dalla  loro <<nazione>>, dalla loro intenzione <<politica>> o magari religiosa, il tutto all'interno di una realtà storica molto complessa, quale è quella del XV secolo in Occidente.

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